mercoledì 20 febbraio 2008

Fahrenheit 451


Ovvero, quando "il sonno della ragione genera mostri" (F.Goya)

Mentre ventidue fetidi pezzi di melma inseguivano una sfera di cuoio su un freddo prato verde lungo le rive dell’Eterno Fiume (Roma–Real Madrid 2a1 all’Olimpico, con conseguente blocco totale sui Lungotevere e leggende metropolitane inviate tramite sms che davano i Lupi Giallorossi vincenti per 5a0 al terzo minuto del primo tempo, con gol di Pruzzo, Claudio Amendola di testa, Sabrina Ferilli di seno …. e doppietta in rovesciata di Papa Luciani), persone mentalmente avanti come il sottoscritto e gli amichetti suoi andavano a teatro, l’Argentina a voler esser precisi e pignoli, a goder dello spettacolo " Fahrenheit 451 ", tratto dall’adattamento teatrale di R. Bradbury stesso, per la regia di Luca Ronconi.
Si narra, tanto nel libro omonimo, quanto nel bel film di Truffaut e in questa versione per il palcoscenico, di una società antiutopica dove i vigili del fuoco, anziché cercare e spegnere incendi, li appiccano, riversando fuoco sui libri e, spesso, sulle persone che, segretamente li nascondono, li leggono e li preservano dalla furia iconoclasta della società.
Il titolo, infatti, è riferibile alla temperatura a cui la carta brucia spontaneamente, 451 gradi Fahrenheit appunto.
L’obiettivo è quello di plasmare l’umanità verso un’omologazione da TeleGrandeFratello, che cresca a base di reality show e controlli ossessivi tramite il grande schermo, con sempre minor interesse a pensare.
Purtroppo, la realtà non sembra certo molto lontana dalle previsioni fatte da Bradbury nel 1953 ……
Lo spettacolo vede una scenografia molto coinvolgente, grazie all’utilizzo di grate metalliche che si spostano verticalmente e longitudinalmente sul palcoscenico, creando spazi a volte angusti a volte ampi, ma sempre improntati all’idea di ostilità , freddezza, aggressività verso l’essere umano.
Bella l’idea di botole che, sul palco, fanno emergere librerie in miniatura ma dalle quali esplodono, improvvisi, scoppi e fuochi .
A mio parere le note dolenti vengono, in parte, dagli attori :
Elisabetta Pozzi nella doppia parte di Clarisse e di Faber: nella prima non mi pare abbia dato particolare incisività la personaggio, mentre molto più pathos è presente nella trasformazione per vestire i panni del vecchio saggio.
Fausto Russo Alesi nel ruolo di Montag riesce a fare un cambiamento notevole in scena : dal pompiere gretto, che non mette alcuno scrupolo nel compiere il proprio, devastante, dovere e che obbedisce senza il mimino dubbio agli ordini superiori, diviene sempre più lacerato nei propri pensieri, man mano che scopre la lettura e quindi la bellezza della libertà.
Alessandro Benvenuti, a mio parere è quello che sta una spanna sopra tutti: dona al Capitano Beatty una forza e un’energia davvero notevoli, grazie anche ai monologhi sui suoi dubbi di uomo che si è posto domande, cercando risposte proprio nei libri ma, non trovando risposte, decide di distruggerli finchè…….
Interessante la figura resa da Melania Giglio come la moglie di Montag, drogata e lobotomizzata. Se ne vedono parecchie, anche oggi, in giro, col cervello bruciato dall’idea fissa di un provino al GrandeFratello, di un passaggio da velina.
Insomma, uno spettacolo intenso e malinconico che ci porta, dolorosamente, a pensare al nostro presente dove, incalzati da ritmi di vita imposti e subiti e dalla frenesia degli attuali mass media, dovremmo sforzarci per trovare il tempo di sederci su una poltrona e gustarci, come nella bellissima scena che chiude la prima parte dello spettacolo, un buon libro ( accompagnato, magari, da un Bas Armagnac di ottima annata ).
Un’ultima curiosità nasce dal fatto che, nel 2009, il romanzo dovrebbe tornare sugli schermi cinematografici grazie alla regia di Frank Darabont, il regista, tra le altre cose, de Il miglio verde e Le ali della libertà, due gran bei film e, quindi, la garanzia di un progetto interessante.
( la foto è di Marcello Norberth )
Vostro, Emsi

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