venerdì 18 aprile 2008

Il mercante di Venezia


L’altra sera, io Lorenzo e Roberto ( i tre amigos da teatro … ) siamo andati al Teatro Argentina per assistere a “Il mercante di Venezia” di William Shakespeare, per la regia di Luca De Fusco.
La trama è nota : Bassanio gentiluomo veneziano vorrebbe sposare Porzia, ricca ereditiera. Non avendo dote, si vede costretto a chiedere 3000 ducati all’amico Antonio, un mercante, che è costretto a garantire per lui presso il disprezzato Shylock, ricco usuraio ebreo. Egli accorda il prestito ma pone come condizione, qualora non venisse onorata la restituzione del debito, di avere una libbra di carne di Antonio, come vendetta per il disprezzo, l’odio e gli insulti che riceve di continuo da tutti.
Antonio, sicuro di sé e dei propri introiti, accetta; Bassanio si reca da Porzia e ottiene la sua mano. Sfortuna si accanisce su Shylock: sua figlia fugge con Lorenzo (un altro, no l’amico mio …) un cristiano e porta con sé 2000 ducati e un’anello, donato a Shylock dalla moglie. L'unica consolazione per l’usuraio viene dalla malasorte di Antonio, le cui navi sono naufragate. Antonio pertanto non potrà saldare il debito.
Shylock, per far valere i propri diritti, lo porta dal Doge di Venezia che deve applicare la legge. Porzia, travestita da avvocato, salverà Antonio. Infatti, in tribunale, invita Shylock ad accettare il doppio del prestito cioè 6000 ducati offerti da Bassanio e ad essere misericordioso. Poi, fingendo di essere d’accordo con lui, cita l’Editto degli Stranieri, dove è scritto che se avesse versato una sola goccia di sangue cristiano i suoi beni sarebbero stati divisi tra Antonio e lo stato e sarebbe stato condannato a morte. Antonio invece della morte propone la conversione al cristianesimo, ma a queste condizioni, senza più proprietà, né fede, Shylock preferirebbe morire, pertanto rinuncia a quanto dovuto e, alla sua morte, tutti i suoi averi andranno in dono alla figlia.
Se a prima vista l’opera sembra seguire le linee dell’antisemitismo presente all’epoca dell’autore, non va dimenticato che Shakespeare fa pronunciare, proprio dal “cattivo” Shylock, una mirabile riflessione sull’uguaglianza, resa ancor più attuale dalle ultime e fosche novità nel panorama italiano
“Un ebreo, non ha occhi? Non ha mani, un ebreo, membra, corpo, sensi, sentimenti, passioni? Non si nutre dello stesso cibo, non è ferito dalle stesse armi, soggetto alle stesse malattie, guarito dalle stesse medicine, scaldato e gelato dalla stessa estate e inverno di un cristiano?…Se ci pungete, non sanguiniamo? Se ci fate il solletico, non ridiamo? Se ci avvelenate, non moriamo?”
E nelle figure della nobiltà mercantile veneta, il bardo fa trasparire una velata critica ad una società cinica e piegata all’interesse, che non esita a dimenticare i valori etici quando si tratta di far rispettare la legge solo per conservare la propria immagine di inflessibilità ed i propri interessi (leghe e popoli delle libertà varie insegnano …. o sbaglio ?!?!?) Ma quello che colpisce maggiormente è lo stravolgimento dei ruoli: la vendetta di Antonio appare ancor più crudele rispetto a quella dell’ebreo, tanto da richiamare con forza le parole di Shylock
“E se ci oltraggiate, non dovremmo vendicarci? Se siamo uguali a voi nel resto, anche in ciò ci rassomiglieremo. Se un ebreo offende un cristiano, qual è la sua paga? La vendetta. Se un cristiano offende un ebreo, quale sarà il suo guadagno, secondo l’esempio cristiano? La vendetta! La perversità che mi insegnate la porrò in pratica”.
La regia di De Fusco ha costruito una scenografia fatta di specchi mobili a simboleggiare una realtà sfaccettata e ambigua, mutevole. La collocazione storica è stata rivista, spostando la vicenda in tempi più vicini ai nostri , “simil anni-trenta”, come suggerito da costumi, da musica in scena (a mio parere talvolta eccessiva e troppo presente) da scene di film d’epoca proiettate sul palco. Queste idee mi sono parse, a volte, un po’ ardite e pesanti come, ad esempio, nei momenti eccessivamente onirici ed irreali del mondo di Porzia ; tuttavia in alcuni passaggi riescono a trasmettere l’atmosfera malinconica, ambigua e decadente che Shakespeare probabilmente vedeva nella levantina Venezia.
Riguardo alla recitazione, impareggiabile l’interpretazione di Eros Pagni nel ruolo di Shylock, che sovrasta ampiamente tutto il resto della compagnia, riuscendo a rendere solo con intonazioni della voce e con gesti misurati, la figura dell’ebreo in tutti i suoi aspetti; senza mai apparire artificiale o troppo caricato ha saputo tratteggiare la figura dell’usuraio dall’iniziale atteggiamento ostile e vendicativo, fino allo sgomento finale.
emsi

Nessun commento: