lunedì 16 febbraio 2009

Revolutionary Road

Non so se il sig. Mendes sia laureato in sociologia; fatto sta che uno che su cinque film crea due capolavori come American Beauty e quest'ultimo Revolutionary Road, vuol dire che ha un occhio estremamente sottile per cogliere le crisi, le fratture ed i punti di rottura, apparentemente invisibili, delle odierne società occidentali.
Se però, come notavamo l'altro giorno, parlando con Paolo, in American Beauty c'era una sottile ironia e piacere nel vedere gli schemi che saltano, quasi a dire che, in fondo, con un po' di sana follia si riesce a vedere il re nudo - in quel caso l'edonismo ed il consumismo -, in R.R. di fondo c'è solo tanta amarezza, solitudine e la gelida intuizione che difficilmente potremo non essere ciò che siamo.
Però A.B. era del 1999, in piena era clintoniana e ben prima dell'undici settembre che in America è stata la più grande frattura, il più grande shock che quella società abbia mai avuto.
Pertanto in R.R. non c'è speranza, non c'è possibilità di uscire dai propri binari, la perfezione e l'essere differenti dagli altri sono solo nostre percezioni, siamo né più né meno come tutti quelli che ci circondano.
Splendidi Di Caprio e la Winslet, ma una grandissima parte la fa anche il gruppo intorno a loro, con Kathy Bates e Michael Shannon assolutamente sublimi, nell'incarnare l'una l'ipocrisia della borghesia benpensante e l'altro la lucidità della follia.
Un film che rimarrà a lungo nella memoria.

Nessun commento: