giovedì 29 aprile 2010

Parliamo di pecore

Alcuni giorni fa ho finito di leggere "Nel segno della pecora" di Haruki Murakami.
Di lui lessi (nel senso di passato remoto e no nel senso di cane...) "Dance, dance, dance" e "Norwegian wood -Tokyo Blues", parecchi anni fa e mi avevano folgorato, rapito, affascinato; ma era anche il mio "periodo nipponico", durante il quale avevo scoperto Banana Yoshimoto, il sushi, Satoru Nakajima e Ukyo Katayama, i film di Kitano e Kurosawa, le musiche di Sakamoto.
Poi l'ho perso un pò di vista, fino a ritrovarlo con "After dark" e "L'arte di correre".
La storia di questo libro è molto affascinante; infatti è uno dei primi libri scritti da lui (il terzo se non sbaglio); fu scritto alla fine degli anni '70 e decretò il successo di Murakami nei confronti del grande pubblico.
In Italia, arrivò ma non ebbe grande successo e, tra gli appassionati lettori dell'autore dell'isola di Cipangu, divenne una sorta di leggenda metropolitana, introvabile, circondato da un'aura mitologica.
Tant'è che cercando in rete ho scoperto che negli anni passati c'era un fitto traffico di fotocopie, .pdf, formati elettronici e voci incontrollate su future ristampe.
Finchè Einaudi ha deciso di ripubblicarlo pochi mesi fa.
E i pochi che lo avevano letto, ne parlavano come d'un capolavoro.
Sinceramente non m'ha fatto impazzire. Si lascia leggere ed incuriosisce all'inizio, però poi scorre senza guizzi particolari. Magari era proprio l'intenzione dell'autore, che anche in altre opere preferisce soffermarsi sulla normalità e sui particolari di una vita che ad un occhio esterno possono essere insignificanti ma racchiudere elementi fantastici o straordinari per chi ne è protagonista. Anche qui ci sono molti personaggi che ruotano attorno al protagonista, che poi è tale fino ad un certo punto; in fondo chi è il vero protagonista in questa specie di pirandelliano gioco delle parti? L'uomo pecora, il Maestro, la ragazza dalle irresistibili orecchie, il Sorcio con le sue criptiche lettere? Tutti, nessuno, centomila ? Interessante il fatto che nessun personaggio del libro abbia un nome, a parte Jay, proprietario del Jay's bar. Come se tutti fossero (o fossimo) intercambiabili e potessero vivere indifferentemente le vite degli altri? Mi pare, leggendo in rete, che questa opera sia una sorta di "prequel" (come si usa dire ora ma che brutta parola) di "Dance, dance, dance" dove si ritrovano personaggi, atmosfere e richiami qui presenti. Sinceramente non ricordo, però la curiosità è tanta e credo che andrò a riprendere sia "D,d,d" per confrontarlo con la pecora, sia "Norwegian wood" perchè ne stanno traendo un film e la cosa mi intriga. EM SI

1 commento:

paolo ha detto...

bellissimo post caro emsi