venerdì 18 giugno 2010

The road

Nella nostra cultura ormai i tabù stanno crollando, uno dopo l'altro.
Ne rimangono pochi, pochissimi, ma sono i più difficili da infrangere.
Due di questi sono: andare a cena fuori da soli e andare al cinema da soli.
Se per il primo posso capirlo, perchè mangiare - soprattutto per noi occidentali - è più legato ad un discorso di convivialità e di rapporti interpersonali, mi ha sempre colpito il perchè andare al cinema da soli sia considerato da sfigati.
D'altronde andare ad una mostra da soli è più "accettato", pur sembrando meno palusibile; in una mostra si possono vedere e commentare, assieme ad altre persone, quadri sculture o installazioni, mentre in un cinema sei seduto al buio ed in silenzio, quindi la presenza o meno della persona a fianco - escludendo secondi fini in previsione di palpeggiamenti e pomiciamenti - è tutto sommato relativa.
E allora ieri ho deciso di infrangere questo tabù, andando a vedere "The Road", che aspettavo da tanto tempo,dopo essere rimasto molto colpito dal libro omonimo.
Inoltre mi aveva fatto incazzare la polemica dei distributori, che avevano deciso di non presentare il film perchè " troppo deprimente, il pubblico non avrebbe capito, la gente non vuole questo, gli spettatori non sono maturi..." ed altre cazzate del genere.
Ala fine lo hanno fatto uscire (seppur a fine maggio che qui da noi è praticamente stagione finita) e allora, oltre alla curiosità del film in sè, mi ha mosso anche la volontà di dare una piccola soddisfazione a chi ha lavorato al film.
Sono andato allo spettacolo delle cinque e mezza; ero il più giovane di tutto il cinema (età media ottanta direi); nella sala dove proiettavano il film eravamo sette persone, una coppia e cinque sciolti ... un piccolo passo per l'uomo ma un grande balzo per il movimento "SolinSala"....
Inizia il film, in sala c'è buio (d'altronde...) e freddo 'chè l'aria condizionata è a -5 gradi; l'atmosfera ideale per un film che basa tutto su angoscia, paura e mancanza di fiducia nel futuro.
Il film rispecchia piuttosto bene l'atmosfera del libro, i pensieri e le sensazioni del padre (Viggo Mortensen straordinario), il cammino impaurito ma allo stesso tempo fiducioso del bambino, gli incontri-scontri con gli altri pochi e spauriti esseri umani ed il trascinarsi lenti e sfiduciati verso un luogo, un qualcosa, che non si sa neppure esattamente cosa sia e se esista.
Forse, una nota un pò stonata rispetto al libro è la musica, a mio avviso un pò troppo presente nel sottolieanre alcune scene; personalmente avrei scelto maggior silenzio, quasi a sottolineare ancor più il senso di morte che aleggia ovunque, l'ineluttabilità di un destino molto più grande di noi.
Bello il cameo di Robert Duval quasi irriconoscibile e bel contrasto si crea alla fine, durante i titoli di coda, con ... beh non ve lo voglio dire nel caso voleste andarlo a vedere.
Si esce molto colpiti e scombussolati dal cinema, come da tanto non mi succedeva.
Merita, merita.

Vuvuzelas a tutti

EM SI

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